
Lo scorso venerdì pomeriggio si è svolto a Palazzo Civico il convegno “Il Parto Segreto dopo la Sentenza della Corte Costituzionale (n. 278/2013) e il disegno di legge (C. 784) approvato dalla Camera. Alla ricerca di un ragionevole equilibrio tra il diritto di conoscere le proprie origini biologiche e il diritto dell’anonimato delle donne”, organizzato dal Gruppo Deputati PD in collaborazione con il Forum Politiche Sociali e Forum Politiche Sanitarie, il Gruppo PD della Regione Piemonte e del Comune di Torino e la Conferenza donne del PD Piemonte.
Durante il dibattito, introdotto da Andrea Giorgis (Commissione Affari Costituzionali Camera dei Deputati) e presieduto da Lucia Centillo (Forum Politiche Sociali; Consigliera PD del Comune di Torino e della Città metropolitana con delega a Diritti Sociali, Parità e Welfare), hanno portato i loro contributi Anna Maria Baldelli (Procuratrice della Repubblica Tribunale dei Minori Piemonte e Valle d’Aosta), Assunta Confente (Avvocata, Camera Minorile di Torino), Laura Onofri (Presidente Commissione Diritti e Pari Opportunità della Città di Torino), Chiara Saraceno (Sociologa), Frida Tonizzo (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie), Vladimiro Zagrebelsky (già giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), Anna Rossomando (Commissione Giustizia Camera dei Deputati).
L’incontro è stato organizzato per approfondire il tema del cosiddetto “parto segreto”, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 278/2013 e del disegno di legge (C. 784) approvato dalla Camera.
In Italia, la materia relativa alla possibilità di accesso per le persone adottate alle informazioni sulle proprie origini biologiche è disciplinata dalla legge 4 maggio 1983, n. 184. In particolare l’art. 28 prevede che la persona adottata, al compimento dei 25 anni di età, possa accedere alle informazioni relative ai suoi genitori biologici.
Tale possibilità è invece preclusa ove la madre si sia avvalsa del cosiddetto “parto anonimo”, chiedendo di non essere nominata negli atti di stato civile; né sussiste per la persona adottata la possibilità di verificare la permanenza o meno della volontà materna di rimanere nell’anonimato.
L’articolo 93 del codice della privacy prevede il decorso di almeno cento anni perché si possa avere accesso al certificato di assistenza al parto o alla cartella clinica contenenti i dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata.
Con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 278/2013 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 7, della legge n. 184 del 1983 (Diritto del minore ad una famiglia) nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre (che abbia dichiarato di non voler essere nominata) su richiesta dei figli, ai fini di un’eventuale revoca di tale dichiarazione.
La sentenza di incostituzionalità ha quindi rinviato al legislatore il compito di predisporre con legge i giusti mezzi e di stabilire le procedure che i Tribunali dovranno seguire in concreto per interpellare la madre.
Nelle more dell’approvazione di una legge da parte del Parlamento, i Tribunali per i minorenni hanno ritenuto immediatamente applicabile la sentenza della Corte Costituzionale.
Ad oggi, tramite i Tribunali per i minorenni, su istanza dei figli adottati non riconosciuti, le madri che hanno deciso di partorire in anonimato possono già essere interpellate dal giudice in merito alla perdurante volontà di ribadire o meno la scelta fatta in passato. I Tribunali stanno quindi individuando in via giurisprudenziale, discrezionalmente, le modalità di ricerca della madre biologica con rischi concreti di prassi difformi tra i vari uffici.
Il disegno di Legge “Modifiche all’art. 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184 e altre disposizioni in materia di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita”, che è stato approvato dalla Camera dei Deputati lo scorso 18 giugno e dovrà ora essere discusso e approvato anche dal Senato, ha recato alcune modifiche alla normativa vigente al fine di ampliare la possibilità per i figli non riconosciuti alla nascita, di conoscere le proprie origini biologiche.
Le nuove disposizioni prevedono che non solo i figli adottati, ma anche i figli che non sono stati riconosciuti alla nascita da una donna che abbia manifestato la volontà di non essere nominata, possano, compiuti i diciotto anni di età, chiedere di accedere alle informazioni che riguardano la propria origine e l’identità dei propri genitori biologici. Decorsi diciotto anni dalla nascita dei figli, alla madre che ha partorito in anonimato è consentito confermare la propria volontà, attraverso una comunicazione al Tribunale per i minorenni del luogo di nascita dei figli. In tal caso, qualora venga presentata istanza di interpello, il tribunale autorizza l’accesso alle sole informazioni di carattere sanitario.
Il procedimento di interpello per l’accesso alle informazioni sulle proprie origini è disciplinato dal nuovo comma 7bis dell’articolo 28, legge 4 maggio 1983, n. 184. L’istanza può essere presentata una sola volta al tribunale per i minorenni del luogo di residenza dei figli. Il tribunale dei minorenni, con modalità che devono assicurare la massima riservatezza, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali, deve contattare la madre per verificare se intenda o meno mantenere l’anonimato.
Il Consiglio Comunale di Torino, ha approvato lo scorso 3 novembre l’Ordine del Giorno n. 18/2014 “Urgente appello al Parlamento e al Governo per difendere il segreto del parto, la salute delle donne e il futuro dei bambini non riconosciuti” presentato dalle Consigliere Lucia Centillo (prima firmataria), Domenica Genisio, Laura Onofri, Barbara Cervetti, Chiara Appendino, Federica Scanderebech, Paola Ambrogio, Raffaella Furnari e dai Consiglieri Silvio Viale, Silvio Magliano, Paolo Greco Lucchina, Enzo Liardo, Alessandro Altamura e Andrea Araldi.
Con questo atto il Consiglio Comunale ha aderito all’appello “Difesa del segreto del parto, della salute delle donne e del futuro dei bambini non riconosciuti” promosso da Fondazione Sociale Onlus, Associazione promozione sociale, redazione della rivista “Prospettive Assistenziali” e Associazione Nazionale Famiglie Adottive ed Affidatarie. Con l’Ordine del Giorno, inoltre, il Consiglio Comunale ha chiesto al Parlamento e al Governo italiano di conservare l’attuale impianto delle leggi relative al segreto del parto e di rispettare la volontà della donna che decide di non essere nominata.
Il dibattito dello scorso venerdì ci ha fornito molti spunti di riflessione per poter approfondire questo tema. Oltre agli interventi previsti nel programma dell’incontro, molte persone, alcune appartenenti ad Associazioni, hanno chiesto la parola per poter condividere le proprie esperienze, i dubbi e le proposte in merito alle modifiche necessarie al disegno di legge che dovrà essere discusso e approvato dal Senato.
Il testo del disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati prevede anche l’accesso all’identità della donna defunta: quasi tutte le persone intervenute durante la discussione hanno sottolineato l’importanza di emendare questo articolo della Legge in Senato, poiché ritenuto fortemente invasivo sulla scelta della donna, che nel frattempo potrebbe avere costruito un’altra famiglia, e gravemente lesivo della sua immagine.
È emersa inoltre l’esigenza di ripristinare l’età per richiedere l’accesso alle informazioni da 18 a 25 anni, poiché a 18 anni la personalità è ancora in via di formazione e ricevere un eventuale secondo rifiuto potrebbe risultare psicologicamente devastante per la persona non riconosciuta.
L’effetto retroattivo della legge ci pone in particolare una grande preoccupazione: quali gravi conseguenze potranno esserci per le donne che hanno scelto in passato di partorire in anonimato e che potrebbero oggi essere rintracciate senza il loro preventivo consenso? E come si comporteranno le nuove gestanti?
C’è inoltre un aspetto che non dobbiamo dimenticare: le persone adulte di oggi che hanno la possibilità di cercare la loro madre, che ha deciso di partorire in anonimato, lo possono fare proprio perché la madre ha compiuto questa scelta, affidandosi a strutture e a cure sanitarie con la certezza di poter mantenere segreta la propria identità. Senza quella certezza, forse, non avrebbe fatto quella scelta e senza quella scelta non ci sarebbe stata la possibilità per quei bambini di nascere e di diventare gli adulti di oggi.
Lucia Centillo
Laura Onofri
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